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La grande tentazione del petro-yuan

La Cina, primo importatore mondiale di petrolio, si sta preparando a lanciare contratti a termine per il petrolio greggio in yuan cinesi e convertibili in oro, creando potenzialmente il più importante riferimento asiatico in campo petrolifero e consentendo agli esportatori di petrolio di aggirare i contratti standard in dollari americani con transazioni in yuan[1]. Per rendere il contratto in yuan più attrattivo, la Cina prevede che lo yuan sarà interamente convertibile in oro sul mercato dei cambi di Shanghai e di Hong Kong. Il mese scorso, la Shanghai Futures Exchange e la filiale Shanghai International Energy Exchange, INE, hanno completato con successo quattro test nell’ambito dei futures per i contratti a termine di petrolio greggio, e lo scambio prosegue con i lavori di preparazione della lista dei contratti a termine di petrolio greggio allo scopo di lanciare le operazioni alla fine dell’anno. La tariffazione cinese degli attivi in yuan, affiancata dal piano della Borsa di Hong Kong che punta a vendere contratti di oro fisico valutati nella suddetta moneta, creerà un sistema grazie al quale i paesi possono raggirare il sistema bancario americano.

I paesi che approfitteranno subito di questa rivoluzione sono naturalmente quelli soggetti a sanzioni occidentali: tanto per cominciare Russia, Iran e Venezuela… solidi per le maggiori riserve mondiali di gas e di petrolio al mondo, ragion per cui parliamo di yuan petro-gas, dato che il gas è l’energia del futuro ancor più del petrolio.

Figura 1 – Localizzazione delle riserve di gas nel mondo – Fonte: EIA, 2015

Figura 2 – Localizzazione delle riserve di petrolio nel mondo – Wikimedia Commons, 2014

L’Iran e il Venezuela in particolare hanno sofferto molto dall’esclusione dal sistema internazionale che ha impedito loro di investire in modo significativo nelle infrastrutture di produzione, lasciandone il potenziale ampiamente inutilizzato; pertanto, dalle opportunità aperte dai petro-yuan questi due paesi sprofonderanno.

L’Iran[2] e la Russia[3] in particolare, ma anche altri produttori minori come Angola[4] e Nigeria[5], vendono già il petrolio e il gas alla Cina in yuan. L’inconvertibilità dello yuan ha tuttavia portato allo sviluppo di una zona yuan al di fuori del sistema internazionale, quindi non ufficiale, con tutte le incertezze per i produttori sul futuro di parte delle riserve monetarie.

Con questi nuovi contratti a termine, ormai in sintonia con l’assist fornito dalla Cina, cambierà tutto, il che è un fulmine a ciel sereno nel cielo già tormentato del regno del re dollaro: «Favoriremo i produttori che accettano di vendere la propria energia in yuan!»… (estratto GEAB 117 / settembre 2017)

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[1] Fonte: Nikkei Asian Review, 01/09/2017
[2] Fonte: BBC, 08/05/2012
[3] Fonte: Financial Times, 01/06/2015
[4] Nel 2015, l’Angola ha adottato lo yuan come seconda moneta ufficiale dell’Unione… la prima moneta, il kwanza, viene accettata dalla Cina come valuta di pagamento. Fonte: MacauHub, 05/08/2015
[5] La Nigeria ha aperto le riserve di cambio in yuan dal 2011. Fonte: CSMonitor, 06/09/2011

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