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Europa 2020 – Comunità o impero?

Questa espressione è ispirata dal titolo del primo libro scritto da Franck Biancheri, un libro non pubblicato, redatto nel 1992 e nel quale l’autore dimostra che i principi fondatori del progetto Europeo, concepito alla fine della Seconda Guerra Mondiale (cioè una comunità di stati si impegni in sforzi comuni per costruire una pace durevole e un continente prospero) potevano arrivare ad essere marginalizzate per via dell’indifferenza e della mancanza di cure, principi il cui posto può essere, in questo modo, preso dai riflessi ben conosciuti di una Europa imperiale (con la colonizzazione Europea, Napoleone, Hitler e tutto il resto…). In questo senso, Franck Biancheri valutava allora che quello che avrebbe permesso al progetto di ricostruzione Europea di rimanere sulla via della comunità era proprio il fenomeno della democratizzazione.

Alcuni anni più tardi, insieme al Trattato di Maastricht che ribattezzava l’allora Comunità Europea dandogli il nome di «Unione Europea», F. Biancheri, per via della sua sfiducia nelle «unioni» di qualsiasi natura, considerava che questa scelta non sarebbe stata di buon augurio. Ventitré anni più tardi, le cose non sono avanzate per niente per quanto riguarda la democratizzazione dell’Europa, e la crisi offre il contesto adatto per un deragliamento completo del progetto comunitario. Dimostreremo quali sono gli indicatori che ci permettono di dire che questa tendenza sta riapparendo (tendenza certamente sempre presente, ma limitata tramite strumenti più o meno efficienti). Rifiutiamo, tuttavia, di far anticipazioni in riguardo a questo argomento, preferendo mettere l’accento anche su altri indicatori che, invece, ci permettono di sperare che avrà luogo un cambio di tendenza (1).

E se si parlerà di « cambiamenti di tendenza », ricordatevi che, dopo che abbiamo avuto parte di un anno nel quale l’Europa si è trovata al « crocevia (2)», consideriamo che questo autunno simboleggi l’entrata in una strada sbagliata, che porta verso lo « scenario tragico » descritto da Franck Biancheri nel suo visionario libro « Crise mondiale: En route vers le monde d’après » pubblicato nel 2010 (3), nel quale sottolinea i considerevoli vantaggi dell’Europa di fronte alle crisi e il suo potenziale per partecipare alla creazione di un « mondo del domani » desiderabile, ma con il rischio maggiore che minaccia l’Europa e gli europei le cui élite conduttrici non-democratiche (di Bruxelles) o non-europee (delle capitali) si dimostrano incapaci di far sostegno sulla crisi per portare a buon fine questo progetto positivo ancora non finito (4) di costruzione europea.

Come i nostri fedeli lettori sanno, abbiamo analizzato la crisi ucraina come un’operazione condotta dagli Stati Uniti e messa in atto da un pugno di accoliti ben collocati nei circuiti decisionali Europei, con lo scopo di annettere il destino dell’Europa a quello del gruppo occidentale condotto dagli Americani. Quest’operazione è stata organizzata sotto la forma di un blitzkrieg (guerra lampo) nell’assenza totale di una capacità di reazione da parte degli Europei, che si sono trovati bruscamente ad un passo dalla guerra contro la Russia, senza nemmeno capire perché. Quando gli Europei si sono svegliati da questo primo shock, un’altra battaglia, abbastanza difficile da seguire, c’è stata, nelle file delle élite al potere, tra gli stati Europei e le loro opinioni pubbliche, tra « anti-russi » e « pro-russi », o, piuttosto, tra « pro-americani » e « anti-americani » ma, in realtà, specialmente, tra le ideologie dell’Occidente e i difensori dell’indipendenza del continente europeo.

Negli ultimi due numeri del bollettino GEAB, abbiamo messo l’accento sul fatto che le <<condizioni per un salto>> erano state rispettate, mostrando gli indicatori di una presa di controllo dell’Europa da parte di affaristi. Ma è venuta l’estate e, insieme ad essa, anche la perdita della vigilanza caratteristica di questo periodo dell’anno. E in autunno scopriamo un paesaggio abbastanza desolante, specie su tre piani: il nuovo rimescolamento governativo in Francia, il progetto della Commissione Juncker, e la grande liturgia della NATO a Newport. Cercheremo di descrivere questi tre eventi. Poi esamineremo altri temi caratteristici di questo autunno (l’Iraq, le elezioni generali in Brasile, il rimpasto governativo in Giappone), analizzati in prospettiva alla riconfigurazione geopolitica globale; allo stesso tempo seguiremo i possibili indicatori della precipitazione di una bipolarizzazione mondiale – o quelli del progresso nella creazione di un mondo multipolare.  Vedremo, in questo modo, che non è solo l’Europa a rischiare di cadere nella tentazione dell’imperialismo.

L’Europa gioca il suo ruolo in questa nascita dolorosa del mondo di domani ma, sicuramente, la crescita del rischio di una bipolarizzazione globale alimenta ed è alimentata anche tramite la rinascita di una ideologia di potere (Europa-Impero) nelle linee delle élite(5).

Ecco la nostra ipotesi sul fatto che l’esplosione dell’Unione Europea (6) possagenerare due tipi di reazione:

-la felicità e la ripresa del progetto di ricostruzione europeo dal momento prima del deragliamento (caduta del muro), partendo da un nucleo ridotto e ultra-integrato di Stati membri (Eurolandia) per costruire lo stadio dell’Unione politica e democratica, bloccato oggigiorno (Europa-comunità).

-o la paura ed il blocco del processo di esplosione attuale, attraverso il rinforzo di tutte le risorse fondatrici del secondo periodo di ricostruzione (1989-2014): l’ultra-liberalismo, l’indebitamento, l’integrazione Europea, l’occidentalismo (Europa-Impero).

In entrambi i casi, consideriamo che il politico stia ritornando all’Europa. Tuttavia, le sue caratteristiche saranno diverse a seconda di quale dei due scenari si concretizzerà.

Le due parti si stanno confrontando, per il momento, sulla corsia decisionale dell’UE, sia al livello nazionale sia a quello Europeo. Stimiamo che l’Europa-impero sorpassi l’altra, ma non disperiamo ancora, è possibile vedere un’Europa-comunità infine vincitrice.

L’esplosione dell’Unione Europea: il referendum scozzese, l’integrazione mancata dei paesi dell’Europa dell’Est

Si, l’Europa esplode. Abbiamo scritto abbondantemente sui dubbi che stanno nascendo negli Stati membri in riguardo a molte politiche, specialmente per quanto riguarda la libera circolazione dei beni e delle persone nello spazio Schengen (7); o il progetto di uscita dall’UE del Regno Unito della Gran Bretagna, potere strutturante dell’Unione Europea sin dalla sua nascita nel 1992.

Il Referendum Scozzese: Dovremmo, probabilmente, aggiungere a questa lista lo smantellamento del Regno Unito, dovuto al referendum scozzese. Alcuni mesi fa, ci siamo assunti il rischio di anticipare una vittoria del voto « si ». Oggi anticipiamo in modo supplementare, indifferentemente se il voto « si » vincerà o no, che, in ogni modo, questo referendum trasformerà la Gran Bretagna. Londra ha certamente sperato che una vittoria risonante del voto « no » rinforzasse la coesione dell’unione del regno. Ma, con la certezza di un risultato molto stretto, Cameron deve aver offerto concessioni agli Scozzesi sapendo (8) che altri membri dell’Unione (Galles, Irlanda del Nord) sono già sull’attenti, pronti per ottenere gli stessi vantaggi per quanto riguarda l’autonomia(9).

In questo modo, sempre sul principio dell’anticipazione politica, secondo il quale le grandi tendenze non devono essere bloccate ma sfruttate, consideriamo che il Regno Unito avrebbe solamente da guadagnare da un’evoluzione orientata verso una struttura federale. Lo abbiamo già detto, i paesi centralizzati non sono più adattati a confrontarsi con le provocazioni del mondo del 21-mo secolo.

Senza tener conto del fatto che gli Inglesi sono cortesi e adattabili. Come prova la svolta del loro mercato finanziario verso sukuks e verso yuan (10) che salva letteralmente la famosa City (of London). Una federalizzazione del Regno Unito darebbe alle élite una bella occasione per dimostrare che sono capaci di approfittare di un colpo di fortuna come questo..

Qualsiasi cosa succedesse, una federalizzazione del Regno Unito cambierebbe considerevolmente la situazione per l’UE.

La mancata integrazione Europea dei paesi dell’Est: L’UE è minacciata dalla disintegrazione anche sul suo fronte orientale. Oggi, una UE in crisi sembra effettivamente essere sempre meno attraente per i paesi dell’Est ed alcuni di questi, senza mettere in dubbio la loro appartenenza europea, iniziano a guardare con interesse quello che succede dalla parte dell’ex-invasore, la Russia. L’Ungheria di Victor Orban è la più avanzata da questo punto di vista e sarebbe bene se guardassimo con più attenzione alle idee di questo politico, che non è per niente un dittatore anche se si mostra come un uomo forte, preoccupato dell’indipendenza del suo paese…Ma, nell’Europa degli ultimi anni, guardare verso Est può essere un segno di alto tradimento.

Altri, tenendo in considerazione l’evidente debolezza politica Europea, specialmente per quanto riguarda la politica di sicurezza e quella sulla difesa, sono arrivati a pensare insieme un proprio sistema di difesa. In questo modo, il gruppo di Visegrad (che include paesi come l’Ungheria, ma anche la Slovacchia, che ha dichiarato recentemente di non desiderare truppe straniere sul suo suolo (11), da più anni lavorano insieme per stabilire un sistema di difesa e di sicurezza che gli conferisca, in qualche modo, l’autonomia (12). Siamo in questo modo messi di fronte alla conseguenza diretta dell’incapacità dell’UE di proporre il più piccolo progetto per un’Europa di Difesa (Europe de la Défense) destinato in qualche modo ad offrire sicurezza ai paesi che si trovano al limite dell’Europa.

La Bulgaria ha appena espresso il suo desiderio di cooperare con la Russia nell’ambito della costruzione del gasdotto di circonvallazione dell’Ucraina, linea chiamata South-Stream. Tuttavia, da quando è esplosa la crisi Ucraina, “quelli di Bruxelles” gli proibiscono di costruirsi la ramificazione (13). Nonostante la Bulgaria abbia un doppio interesse in questo progetto: da una parte gli garantirebbe la fornitura di energia, dall’altra gli assicurerebbe delle fonti di finanziamento che non sono per niente trascurabili, applicando una tassa di transito per il gas russo.

Il tasso di partecipazione dei paesi dall’Europa dell’Est alle ultime elezioni europee è un indicatore chiaro del grado di fallimento per quanto riguarda l’integrazione di questi paesi. L’integrazione è stata attuata troppo rapidamente, su considerazioni puramente mercantili e non politiche, questi paesi hanno mischiato più volte l’obiettivo di integrarsi nell’UE con l’integrazione nella NATO; per quanto riguarda l’unione economica, questi paesi hanno sentito più volte, giustamente, un’invasione delle compagnie multinazionali occidentali che hanno distrutto la loro economia locale.

Mentre la crisi ucraina offre, probabilmente, l’opportunità di costruire un’Europa di Difesa, che si creerebbe, speriamo, in collaborazione e non in opposizione con la Russia, ogni fallimento su questo punto ci porterebbe verso la prospettiva della diserzione da parte di alcuni di questi paesi fino all’anno  2020. Quello che sarebbe ancora un grande fallimento dell’Unione Europea, che non ha fatto altro che estendere l’Europa, respingendo ogni progetto di approfondimento dell’integrazione europea, specie sul piano politico e democratico.

————-

Note:

(1) In questo modo, contrario alle nostre abitudini, non sceglieremo uno scenario specifico. Lasciamo che i lettori scelgano liberi di farsi le loro proprie idee in questo senso.
(2) Un’espressione incontrata frequentemente nell’ambito del bollettino GEAB, specialmente nel 2013.
(3) E che merita di essere ripubblicato adesso, quando ci troviamo a metà del periodo anticipato (2010-2020), ripubblicazione per la quale il suo editore, Anticipolis, ha accettato la provocazione. La rilettura di questo lavoro, alla luce degli eventi drammatici che dominano l’attualità del 2014, non offre una nota ottimista.
(4) In realtà, la costruzione Europea si è fermata quasi completamente dal Trattato di Maastricht. L’Unione economica realizzata, il solo progetto di futuro che, da allora, abbia visto la luce del giorno, e l’Unione monetaria la cui realizzazione presupponeva un governo economico, una unione fiscale, una unione politica e la democratizzazione. Ma ci siamo fermati in mezzo al fiume, mentre il livello dell’acqua sta crescendo.
(5) I paralleli storici possono essere configurati facilmente. Parallelismo con l’Unione Sovietica: i poteri occidentali, che non sono più i migliori nella corsa economica mondiale e che, come l’URSS negli anni ’50, preferiscono costruire un muro tra di essi, con una concorrenza considerata sleale; ma anche il parallelismo con la crescita del nazismo: un sistema economico-politico capitalista i cui eccessi producono una ripulsione profonda, che sviluppa piano piano una ideologia del potere giustificando la concentrazione del potere e dei soldi caratteristica del loro modo di funzionare. Cosi come l’ideologia nazista, ben diffusa nei cerchi di potere europee, non solo in Germania, l’ideologia del potere veicolata dagli USA seduce molti Europei vicini o che si trovano proprio nel mezzo di questi cerchi di potere, specialmente a Bruxelles (ma non solo). In fondo, ed in fin dei conti, questo tipo di ideologia era europea ancora prima di diventare americana, e le persone che la promuovono credono che l’America sia solamente un’estensione dell’Europa e che tutte e due si debbano unire indissolubilmente per affondare lo sviluppo della Cina,  che li spaventa molto più di qualsiasi altra cosa. Altrimenti, sospettiamo che certi tecnocrati di Bruxelles vedano nel firmare il Trattato di Libero Scambio con gli USA una integrazione naturale dell’Europa con gli Stati Uniti….una Rocky Europe nei Balcani!
(6) In diversi precedenti numeri di GEAB abbiamo anticipato questa esplosione dell’Unione Europea. Mostrando che UE non era, in realtà, la stessa entità chiamata Europa, la quale è solo una forma di organizzazione nata dal Trattato di Maastricht (che è fallito) e che possiamo salutate positivamente la nascita della Zona Euro, Eurolandia come la fine dell’Unione. Questa riconfigurazione del progetto Europeo, destinata ad essere una alternativa all’Unione, è partita nell’abito della gestione della crisi della moneta Euro, accelerando, tramite questa, la strutturazione di un governo della Zona Euro. Ma se una crisi monetaria rinforza naturalmente la Zona Euro, una crisi geopolitica come quella generata tramite la crisi euro-russa rinforza l’Unione Europea, e tutti gli altri suoi difetti.
(7) Per esempio: Deutsche Welle, 22/10/2012
(8) Fonte: DailyAdvance, 14/09/2014
(9) Fonte: BBC, 09/09/2014
(10)  Fonte: Forbes, 14/09/2014
(11) Fonte: Reuters, 04/06/2014
(12) Fonte: Premier Ministre polonais, 14/10/2013
(13) Fonte: Financial Times, 25/08/2014

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