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Il numero mensile del Laboratorio europeo di Anticipazione Politica (LEAP) - 15 Feb 2025

DeepSeek e l’open source: ritorno al futuro

I principi fondamentali di Internet nel 1995 comprendevano il libero accesso e la democratizzazione tecnologica. Per la maggior parte, le autostrade dell’informazione lanciate all’epoca sembravano essere offerte alle popolazioni con un obiettivo umanista e umanitario di accesso alla conoscenza per tutti. Poi, nel 2009, le Big Tech hanno iniziato a prendere il controllo del Web 2.0 (le reti sociali) e delle anime che lo popolavano[1]. Queste anime, e presto soprattutto una quota crescente delle enormi quantità di denaro che la diffusione della tecnologia stava generando in tutto il mondo.

I governi finanziano la ricerca e l’implementazione, gli utenti individuali o aziendali generano valore, ma è Big Tech che assorbe i profitti – in tasse d’uso (crescenti), nell’acquisizione di investimenti e persino in sussidi secondo il CHIPS Act lanciato dal presidente Biden nell’agosto 2022 (Intel, ad esempio, ha ricevuto 7,9 miliardi di aiuti statali nel novembre 2024)[2].

È facile capire perché: le Big Tech hanno ricevuto un assegno in bianco nell’ambito del panico che legittimamente ha attanagliato l’Occidente una quindicina di anni fa di fronte alla prospettiva di essere superati tecnologicamente dalla Cina. Come avrebbe fatto un Occidente indebitato a rimanere in gara? Il settore tecnologico privato aveva la soluzione: incanalare una parte significativa dei flussi finanziari verso di esso, con promesse sempre più scintillanti di ritorno sugli investimenti e promesse sempre più distopiche di scoperte tecnologiche, sociali ed economiche, il tutto supportato da una grande quantità di comunicazione.

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Sommario

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