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Crisi agricola ed esodo rurale: una grande sfida per la società indiana

La crisi del settore agricolo. Il settore che conosce una grave crisi alla quale la demonetizzazione non ha saputo rispondere è l’agricoltura. Oltre la metà della popolazione indiana vive nella regione rurale e l’agricoltura, pur non rappresentando più la principale fonte di reddito, ha un posto centrale[11].

Il piano di demonetizzazione ha comunque avuto un effetto positivo con il trasferimento dei fondi direttamente su un conto bancario che molti agricoltori hanno dovuto creare per la prima volta. In passato, questi fondi venivano versati in contanti alle autorità locali che, di fatto, prelevavano le loro «commissioni» prima di rinviarle al destinatario. Oggi, questo tipo di incentivi arrivano direttamente e integralmente a destinazione.

Il settore agricolo sta però affrontando un enorme sfida di modernizzazione e le difficoltà sono grosse. A cominciare dall’incertezza accompagnata, già da diversi decenni ma in modo crescente, da un monsone che prima era normale routine ma che adesso è diventato del tutto imprevedibile. Le regioni che conoscono minori precipitazioni mancano gravemente di un sistema di irrigazione efficace. Quelle troppo esposte mancano di strumenti per farvi fronte. Per ovviare al problema, il governo ha promosso un grande progetto di assicurazione sui raccolti ma è quest’ultimo è stato oggetto di aspre critiche da parte di due organizzazioni, il sindacato Comptroller and Auditor General e il Centro per la scienza e l’ambiente. Le due organizzazioni accusano il piano di avere avuto un effetto molto limitato sul settore agricolo e di avere apportato benefici essenzialmente al settore assicurativo. Quest’ultimo registra una crescita dei premi lordi pari al 32% di cui quasi la metà proverrebbe dal piano di assicurazione dei raccolti[12].

Inoltre, il settore agricolo non riesce a dare lavoro a tutte le popolazioni locali. E il problema della disoccupazione non è stato nemmeno trattato dal piano di demonetizzazione, il che ha contribuito alla rabbia degli agricoltori, i quali negli ultimi mesi hanno manifestato in modo alquanto virulento in varie zone del paese[13].

Queste difficoltà incontrate hanno la diretta conseguenza di accelerare l’esodo rurale massiccio (il tasso di urbanizzazione del paese è già da 27,81% nel 2001 a 31,16% nel 2011 e la tendenza continua ancora oggi[14]).

Figura – Popolazione delle grandi città indiane con il numero di abitanti nei bassifondi, 2011. Fonte: Makanaka.

Esodo rurale massiccio in vista. Con una percentuale della popolazione rurale pari al 66% nel 2016[15], l’India ha un potenziale di quasi 600 milioni di persone tentate da questo esodo rurale nei prossimi due decenni! Ciò, naturalmente, porta a sfide di incredibile portata in termini di urbanizzazione, di integrazione di queste popolazioni nei centri urbani e nel mercato del lavoro. In vista di uno sviluppo economico dell’India nei prossimi vent’anni, come indicato all’inizio dell’articolo, si tratta forse della sfida più importante da rilevare. Al momento, i migranti interni al paese fanno molta fatica ad integrarsi nelle città. Si ritrovano molto spesso nei bassifondi, impiegati a salari molto bassi nelle fabbriche, nell’idraulica, nel taglio dei diamanti e nel BTP e vivono condizioni terribili che vanno dal mancato pagamento degli stipendi agli abusi fisici passando per gli incidenti sul lavoro, a volte mortali[16]. Non trovano posto nelle rappresentazioni sindacali e non sono considerati dai politici perché non rappresentano una forza elettorale, molti di lavoro non eseguono le formalità amministrative per poter continuare a votare dopo aver cambiato stato. Di fatto, i migranti interni all’India sono quasi tutti «immigrati clandestini».

Costituiscono pertanto il sogno di ogni imprenditore: una manodopera estremamente a buon mercato che costituirà un fattore centrale di sviluppo dell’India nei prossimi vent’anni…

Leggi il GEAB 124

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[11]  Fonte: niti.gov, 11/2017

[12]  Fonte: The Wire, 25/07/2017

[13]  Fonte: NDTV, 12/04/2018

[14]  Fonte: World Economic Forum, 01/11/2017

[15]  Fonte: World Bank, 2016

[16]  Fonte: World Economic Forum, 01/11/2017

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