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GEAB Dossier speciale Turismo

Il numero mensile del Laboratorio europeo di Anticipazione Politica (LEAP) - 15 Lug 2019

Turismo europeo 2020-2030: l’improbabile alleanza tra turismo e protezionismo

A differenza dei sogni agognati dai funzionari di Bruxelles e dalle nostre capitali, alimentati dalle prospettive di esponenzializzazione dei flussi turistici mondiali, l’Unione cesserà presto di essere la prima meta turistica del mondo.

Anticipiamo infatti che dal 2025 perderà il posto di leader a favore dell’Asia.

Nel corso del prossimo decennio, shock di rallentamento sotto l’effetto combinato di un’aumentata concorrenza, fenomeni di saturazione e di «fatica», di considerazioni ambientali, il tutto nell’ambito di una vasta discussione, porteranno a un totale riposizionamento del settore turistico europeo.

La realtà ha cominciato a dover ricordare all’Europa il carattere insostenibile del turismo all’antica in un secolo e in un mondo che promettono un’esplosione del numero di turisti. Non potendo proprio continuare ad accogliere metà di questa mobilità di piacere com’è allo stato attuale, l’Europa dovrà proteggersi.

Se questa tendenza dedica una crisi per tutti gli attori che continueranno a puntare su un turismo quantitativo, al contrario, fornirà una serie di vincoli creativi che permetterà all’Europa di condurre esperimenti innovativi di «turismo protezionista» qualitativo!

Mondo multipolare: riduzione delle quote di mercato del turismo europeo

Il turismo europeo, come gli altri settori dell’economia, non tarderà a soffrire delle conseguenze della multipolarizzazione mondiale.

Infatti, se nel 2018 l’Europa ha accolto oltre la metà del turismo mondiale (713 milioni di turisti in Europa su 1,4 miliardi nel mondo[1]), non è solo in ragione della ricchezza del patrimonio e della bellezza dei luoghi. È innanzitutto perché ha la capacità di accogliere questi 713 milioni di persone – grazie alla densità di ristoranti, alberghi, aeroporti, stazioni, musei allestiti in modo moderno, ecc.

Ma ormai il mondo sta lavorando per attirare una parte di questi enormi flussi di viaggiatori!

Nel 2017, a titolo di esempio, 15,8 milioni di persone hanno visitato Dubai. Fino a soli quindici anni fa, chi avrebbe pensato a mettere questa città degli Emirati Arabi Uniti nella lista delle destinazioni di viaggio? Eppure, oggi Dubai attira l’1% del flusso mondiale di turisti, creando, da un lato, un nuovo luogo di distrazione dei turisti europei fuori dall’Europa e, dall’altro, un luogo prevalentemente attrattivo per questi nuovi turisti che sogna di attirare il settore turistico europeo, ad esempio gli indiani[2].

Esistono naturalmente molti altri esempi di nuove destinazioni – anche nell’Unione, dove da 20-30 anni nelle mappe turistiche sono riapparsi i paesi dell’ex URSS: Praga, Budapest, la Croazia, Ljubljana, ecc. Ma nel caso dell’Unione, il potenziale di apertura delle nuove destinazioni si sta però prosciugando[3], a differenza della stragrande maggioranza delle regioni nuovamente sviluppate o emergenti del mondo, come Asia, America meridionale[4], Africa[5], Mondo arabo e Medio Oriente[6].

Previsioni

Certo, il potenziale di aumento del numero totale di turisti è relativo allo sviluppo economico di nuovi paesi come i paesi del Sud-est asiatico, l’India, la Cina, i paesi dell’America meridionale, l’Africa, ecc. Le prospettive di crescita dei flussi in un mondo in fase di livellamento economico generalizzato sono quindi enormi. Per il 2030 l’OMT prevede 1,8 miliardi di turisti, il che corrisponde a una media di crescita pari a circa 2,8% annui[7].

Vedremo come questa previsione è conservatrice. Se ci si basa quindi su questo dato, tenendo conto delle prospettive di crescita dei settori turistici dei paesi e delle regioni enunciati nelle precedenti note a pié di pagina, è più che probabile che il padrone della scena attuale, l’Europa, vede a poco a poco calpestato il proprio andamento.

In realtà, l’anticipazione che proponiamo è più ottimista perché pensiamo che il numero di turisti nel 2030 sarà ben superiore a quanto annunciato dall’OMT.  Infatti, considerando l’andamento attuale (6% di turisti in più ogni anno in media da dieci anni, con un aumento da tre anni – dal 5% al 7% nel 2017), nel 2030 il numero di turisti potrebbe essere più vicino a 2,8 miliardi.

In ragione del 6% stabile annuo per ancora undici anni, ecco le previsioni che otteniamo al 2030:
2018 : 1,4 miliardi
2019 : 1,48 miliardi
2020 : 1, 57 miliardi
2025 : 2,2 miliardi
2030 : 2,82 miliardi

 Anticipazioni

Una previsione non è quindi un’anticipazione. Per cambiare questi dati il nostro team vede infatti mettersi in atto due tendenze:

. Al rialzo: la proliferazione dei paesi di provenire sta inducendo un graduale aumento del tasso di crescita del 6% come base di calcolo. Onde evitare di cadere in esperti calcoli inevitabilmente falsi, anticipiamo semplicemente che nel corso dei prossimi dieci anni una piccola metà della popolazione mondiale (diciamo 4 miliardi) acquisirà lo stesso tasso di mobilità turistica degli europei (62%), mentre il resto accederà a poco a poco a questo tasso (diciamo quindi una media del 30%), approssimativamente: 3,8 miliardi di turisti annuali nel mondo nel 2030, ovvero un potenziale di crescita annua di quasi il 9% annuo in undici anni.

. Al ribasso: questo eventuale 9% di crescita turistica annuale verrà assorbito dai paesi che stanno attualmente investendo in capacità d’accoglienza. Il 55% di crescita turistica dell’Egitto, il 47% del Togo, il 29% del Vietnam, il 28% della Georgia, il 27% della Palestina, il 25% del Nepal, il 25% di Israele, ecc., naturalmente non continueremo a questo ritmo a lungo, ma decine di paesi continueranno ad aggiungersi e a sostituirsi a queste locomotive, riducendo rapidamente a colpo sicuro le quote di mercato dell’Europa.

. Al cambiamento di paradigma: di fronte ad uno di questi dati, siamo convinti che questi visitatori potenziali non viaggeranno nell’ambito dell’attuale modello turistico; ci troviamo di fronte ad una prospettiva di esplosione del turismo nei prossimi dieci anni che impone la massima prudenza in materia di anticipazione e di investimento, servendo di fatto tutti gli attori di un turismo «all’antica». Non dimentichiamo che se la Francia è la prima meta turistica al mondo, è Disneyland-Parigi a ricevere per primo questo flusso… Ora, la corsa a recuperare questo tipo di turismo non è persa in partenza di fronte a Dubai?

Se in Europa esistono tuttora punti di ottimizzazione d’accoglienza, questi sono inevitabilmente deboli verso il potenziale di ottimizzazione del resto del pianeta, ottimizzazione ormai ben avviata. Ora, in materia di puro business, non è il volume che conta ma l’aumento del volume. Gli stessi investitori europei volgeranno sempre più lo sguardo verso i ridenti orizzonti che offrono India, Africa, America meridionale in materia di profitti turistici.

È quindi il momento per una stabilizzazione dell’Europa, la quale dovrà di fatto posizionarsi meno per attirare questi enormi flussi e proteggersi di più finché saranno devastanti sul tessuto di accoglienza europeo già prossimo alla saturazione.

La malattia del turismo: guarire o morire

Una cosa è certa: la piccola Europa non potrebbe continuare ad accogliere il 51% dei turisti mondiali nell’ambito degli aumenti che abbiamo enunciato (che nel 2030, secondo le stime, darebbe tra 1,4 e 1,9 miliardi di turisti anziché i 710 milioni attuali).

. C’è naturalmente la questione dell’investimento che un tale aumento della capacità di accoglienza turistica necessiterebbe: le autorità sono indebitate e gli investitori privati, come precedentemente affermato, verranno attratti principalmente da altre regioni. 

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