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Il numero mensile del Laboratorio europeo di Anticipazione Politica (LEAP) - 15 Feb 2020
L'estratto pubblico

Con il neologismo «futurisi» vorremmo indicare una malattia del futuro il cui processo di sviluppo ha inizio con una carenza seguita da un’esplosione e si conclude con una febbre molto alta.

Carenza di futuro negli anni 2000: Internet, come i livelli sovranazionali di governance da finire da inventare (in particolare UE), già c’erano. Andava però constatato che l’Occidente era a corto di visione, di progetti e di futuro: cecità all’imperativo di cambiamento, rifiuto dei sistemi in atto a rimettersi in discussione, elite ancorate ai territori per cui le mutevoli realtà del mondo erano, nel migliore dei casi, soggetti di contrasto[1].

Esplosione di futuri ne 2010: ma poi le cose sono cambiate e da una decina d’anni assistiamo ad un’esplosione anch’essa patologica dell’offerta in materia di futuri, ognuno con le proprie previsioni, innovazioni, progetti e visioni future,… immaginando un futuro vuoto e aperto alla sua sola volontà. In un mondo fisicamente pieno, il futuro è apparso come l’unica terra incognita aperta agli avventurieri che si addentrano nel disordine più totale. Purtroppo il futuro è pieno tanto quanto il presente, e, senza un’affidabile mappa delle sue dure realtà, ne consegue un grande tamponamento a catena di futuri perfettamente espresso da tutte le tensioni politiche e geopolitiche che sta di fatto attraversando il pianeta.

Febbre alta a partire dal 2020: affrontiamo la terza fase di questa patologia sociale: la febbre alta consistente in un vasto «risanamento semplificatore» di un futuro che, a nostro avviso, sta assumendo tutte le forme del totalitarismo.

Dall’isteria futurista alla visualizzazione dell’apocalisse

Qualche anno fa, avevamo anticipato che il mondo sarebbe passato da una situazione di orizzonti bloccati ad un’esplosione dell’offerta futuristica. La realtà supera l’immaginazione.

I social network professionali sono le vetrine di questa competizione di futuri tecno-aziendali conditi da valori morali del «XXI secolo»: immagini gelide di un mondo di professionisti di fantascienza che pensano bene[2] e parlano bianco (inglese[3]), angosciati all’idea di «perdere» l’innovazione che li renderà ricchi, dove ognuno si crede un luminare.

Anche i media, il cui mestiere è di parlare di quello che è successo, si sono sempre di più rivolti verso quello che succederà[4], presentando, con la stessa disinvoltura, informazioni sul passato e anticipazioni future, senza offrire ai lettori la possibilità di potersi ritrovarsi nel grande «amalgama» intellettuale-temporale[5].

Le scuole, dove viene formata la società di domani, trasmettono ai propri studenti l’idea che il futuro sarà quello che si creeranno loro senza offrire loro un metodo di razionalizzazione del futuro[6].

Attualmente, gli attori economici e politici arrivano a dover «anticipare le anticipazioni» dei loro concorrenti/nemici portando a nuove forme di paralisi risultanti dalla contemplazione di una realtà troppo complessa per permettere l’azione[7].

Questa corsa al futuro sarà l’ultima forma di espressione della libertà che ha soffiato sul mondo per più di mezzo secolo, libertà ormai soppressa in quel domani fantasticato: «il futuro è quello che ci creeremo noi»…, sì, ma da quanti «io» divergenti è formato questo «noi»? E a cosa assomiglierà il risultato di tutti questi «io» incoerenti?

Ad ogni modo, questo eccesso di futuro mal gestito presenta uno scenario sempre più spaventoso per una parte crescente della popolazione che si rifugia in tutte le forme di noto «ripiegamento»: nazionalismo, religiosità, sicuritarismo, ecologismo… e altri rifiuti di una modernità ritenuta muta dagli apprendisti stregoni. In vent’anni, le nostre società sono passate da «il futuro non è un argomento» a una messa in scena drammatica di futuri tecno-ambientali ispirati a fasce importanti della popolazione con sensazioni di terrore… un «terrorismo del futuro».

La «solastalgia» è una patologia sociale identificata dal 2005[8], consistente in una sofferenza mentale all’idea della scomparsa del mondo familiare la cui corsa esponenziale ad un «progresso» diventato pazzo esclude a poco a poco l’intera umanità, creando la sensazione nostalgica di «essere tutti diventati irrimediabilmente stranieri nel nostro paese»[9].

Questa malattia colpisce in particolare le persone molto sensibili alla prospettiva dei futuri cambiamenti climatici e ambientali. Si parla anche di sindrome «pre-traumatica» (in riferimento a «post-traumatica»)… malattia del futuro per eccellenza, quindi.

Quello che ci porta all’altra faccia ben conosciuta di questa «futurisi», ovvero la morbosa proiezione in un futuro apocalittico, dà luogo alle forme estreme di ecologismo di tipo Extinction Rebellion…

Naturalmente sono tutte e due facce della stessa medaglia.

Figura 1 – Simbolo del movimento Extinction Rebellion

Futurismo e fascismo

La «futurisi» dilagante è l’inevitabile conseguenza dell’enorme rivoluzione sociale provocata dall’invenzione di Internet. Una rivoluzione[10] il cui effetto distruttore (o «distruttivo», in termini moderni) è simile a quello di una guerra che obbliga a ricostruire tutto su nuove basi. Questo lavoro collettivo di ricostruzione di una società funzionale obbliga a pianificare, a pensare al domani, quindi. Ed è a questo che si stanno tutti accingendo a fare. Ma l’inadeguatezza delle strutture di potere provenienti dal periodo precedente vieta qualsiasi lavoro coordinato e quindi qualsiasi risultato soddisfacente, facendo mostrare sensazioni di inefficacia, impotenza e collera.

Mondo da ricostruire urgentemente, elite impotenti, quale strada prenderanno i popoli per uscire dalla trappola della complessità della transizione sistemica da compiere? La portata del compito obbliga a temere il peggio…

La situazione storica nella quale si trova l’umanità è senza precedenti in termini di dimensione ma inevitabilmente richiama comunque l’altra epoca di disordini che ha presieduto all’avvento dei grandi esperimenti totalitari del XX secolo – comunismo, fascismo, nazismo… – anch’esse ancorate ad rapporto modificato al tempo e al progresso rivelato, in particolare, dal «futurismo», la corrente artistica nata in Italia – precisamente cento anni prima di questa «futurisi» che ci riguarda.

Siamo chiari su un punto: il futurismo italiano non è fascista; ma ha fornito un terreno intellettuale fecondo al progetto «moderno-reazionario» di Mussolini[11].

Nato nel 1909 grazie al poeta Marinetti, questo movimento si è posto in rottura con la tradizione estetica classica per celebrare le rappresentazioni della modernità che erano la città, le macchine e la velocità… Il culto dell’innovazione transumanista è la versione contemporanea di questa idea.

Fin dall’inizio, Marinetti ha integrato al suo pensiero artistico una dimensione politica che implicava la riflessione su nuovi valori sociali… Il «buon pensiero»[12] insito nelle descrizioni di futuri tecnologici sui social media e mainstream è un richiamo moderno alle idee di Marinetti.

Certo, la storia non si ripete… ma i suoi meccanismi sì! E se ne impongono altre parallele…

Giovanilismo ed ecologismo

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