Tra il proprio dollaro ancorato a quello USA e alla natura cinese riaffermata fin dalla retrocessione nel 1997, Hong Kong si colloca al centro della guerra commerciale in corso tra Stati Uniti e Cina. Tale contesto spiega quindi ampiamente le difficoltà economiche dell’isola creando le condizioni per i problemi noti a tutti.
Uno sguardo più a lungo termine rivela inoltre il problema strutturale che pone a Hong Kong l’ambiente ultracompetitivo che si sta realizzando nella regione. Lo scorso marzo, prima che nella penisola scoppiassero le rivolte, nella raccomandazione del GEAB avevamo scritto «Hong Kong: il porto sta imbarcando acqua. Non è mai un bene essere il numero uno. Perché quando si smette di esserlo non ci si accontenta di essere superato, ci si fa più piccoli. Il centro commerciale asiatico di Hong Kong non sta prendendo bene il fatto di retrocedere dietro i nuovi centri asiatici, in particolare Shanghai. Per restare al passo con i nuovi mostri avrebbe bisogno di investire cifre enormi, ad esempio nella modernizzazione del porto, ma anche gli investimenti sono diretti verso Shanghai più che verso Hong Kong… Diffidenza quindi quando si tratta di attività legate a questa città.»[1]
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