Petrolio: in controtendenza
Il giorno in cui la coalizione intorno all’Arabia Saudita annuncia una rottura delle relazioni diplomatiche con il Qatar, facendo incombere una minaccia di «kuwaitizzazione» del Qatar, i prezzi del petrolio… calano. Non è la prima volta che notiamo che possibili conflitti non provochino un’impennata dei prezzi. Questo convalida le nostre anticipazioni sugli assi che seguiamo da tempo: le transizioni energetiche (energie rinnovabili, gas, nucleare) ed economiche (e-economy più efficiente dal punto di vista energetico) hanno definitivamente spodestato il re-petrolio che non fa più il buono e il cattivo tempo e il cui valore dipende ormai dalla capacità dei principi nell’intendersi tra loro sui volumi di produzione (cooperazione OPEC e NOPEC). L’aumento delle tensioni tra Arabia Saudita e Iran fanno anticipare ai mercati una rimessa in discussione degli accordi tra i paesi produttori, e quindi rischi di un nuovo aumento della soglia di produzione giustificando un immediato calo dei prezzi. È di sicuro una buona notizia, ovvero un (grosso) motivo in meno per farsi la guerra. Non deve sorprendere quindi che il nostro team anticipi che il periodo di tensioni intorno al Qatar rischiano di fare oscillare i prezzi che si riprenderanno puntualmente nel momento in cui verranno messe in pratica delle proposte di risoluzione per poi raggiungere di nuovo i 50 dollari al barile, se non superarli leggermente, qualora la crisi propini una strategia di rafforzamento delle cooperazioni regionali e sovranazionali.
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