Il nostro lavoro di anticipazione e la riflessione sul tempo che esso incoraggia ci hanno portato a essere particolarmente sensibili al fatto che non viviamo tutti nelle stesse temporalità. Il futuro di una persona è il presente o il passato di un’altra, sia per quanto riguarda la nostra realtà oggettiva (tecnologica, per esempio) sia per quanto riguarda la nostra comprensione di questa realtà (analisi accurate ma anacronistiche). E queste differenze danno origine a innumerevoli conflitti narrativi (tutti hanno ragione, ma nessuno parla dello stesso periodo), che possono arrivare fino alla guerra (in particolare alla guerra civile).
Tuttavia, è certo che le dinamiche globali stanno riducendo la portata di queste differenze. Negli anni Cinquanta, la differenza di tempo tra gli americani e gli aborigeni australiani era abissale. Nell’era di Internet, l’intera umanità sta gradualmente imparando a vivere nello stesso tempo.
Ma le differenze restano. In questo articolo vogliamo richiamare l’attenzione su una questione importante dell’attuale transizione sistemica globale, che viene distorta da un disallineamento temporale: è in corso un rallentamento demografico, che è LA ragione per cui dobbiamo cambiare il nostro paradigma economico. La politicizzazione del dibattito sulla decrescita ci impedisce di affrontare questo tema in modo costruttivo, rafforzandone invece gli effetti deleteri.
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