L’Amazzonia è in pericolo di estinzione. Lo sappiamo da decenni, ma studi recenti e avvenimenti politici hanno dimostrato che la scomparsa della foresta amazzonica è molto più rapida di quanto si pensi. Paradossalmente, il settore che minaccia maggiormente la sopravvivenza della foresta amazzonica – l’agricoltura – sarà anche quello ad essere più duramente colpito dalla scomparsa della foresta tropicale, con conseguenze che superano ampiamente le frontiere del bacino amazzonico. Studi dimostrano che l’Amazzonia è così prossima alla scomparsa, con poche misure prese, che comincerà probabilmente ad avere un impatto negativo sul settore agricolo delle Americane – comprese due dei maggiori produttori alimentari del mondo: Stati Uniti e Brasile[1] – dal 2030[2].
L’attuale foresta amazzonica è una reliquia di un’epoca molto più umida. Senza la più grande foresta tropicale umida del mondo, il nord del Sudamerica sarebbe un ecosistema molto più secco, poco diverso dalle savane africane. La foresta produce tuttavia un proprio clima, con i suoi miliardi di alberi che pompano enormi quantità di vapore acqueo nell’atmosfera. Buona parte di questo vapore acqueo forma delle nubi appena al di sopra della foresta amazzonica che piovono su di essa e vengono immediatamente catturate dalle radici di miriadi di alberi ed altre piante. In questo modo, l’acqua entra in circolo dall’assorbimento delle piante – evaporazione dalle piante – piovendo sulla foresta senza poter scorrere verso i grandi fiumi e finire nell’Oceano Atlantico. Naturalmente il fiume amazzone è il più grande del mondo, trasportando diversi milioni di metri cubi d’acqua verso l’Atlantico ogni giorno, ma gran parte dell’acqua della foresta resta nella foresta ed è rimasta nel sistema per milioni di anni arrivando a mantenere la foresta tropicale umida e viva in una regione che altrimenti non riceverebbe sufficiente umidità dall’Atlantico per sostenere una foresta tropicale[3].
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