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Il numero mensile del Laboratorio europeo di Anticipazione Politica (LEAP) - 15 Nov 2019

Eurodigitale: dall’Eurozona a Eurozon.com

È da un anno che anticipiamo l’arrivo delle monete digitali delle banche centrali (MDBC)[1]. Sono in particolare i discorsi di Christine Lagarde al FMI ad averci messo la pulce nell’orecchio. La nomina della stessa Christine Lagarde alla guida della BCE è inevitabilmente indice di una probabile accelerazione di questo genere di programma in zona euro. E infatti gli indizi si moltiplicano: Benoît Cœuré, altro importante personaggio della riflessione sul rafforzamento e sull’internazionalizzazione dell’euro[2], il cui mandato all’interno del consiglio direttivo della BCE scade a dicembre, è passato all’onnipotente banca centrale delle banche centrali, la BRI (Banca dei Regolamenti Internazionali con sede a Basilea)… precisamente con un portafoglio «innovazione/moneta digitale»[3], con l’obiettivo «di trovare la risposta al libra di Facebook»[4].

Ma non è tutto: i tedeschi si sono uniti ai francesi con la dichiarazione dell’Associazione delle Banche Tedesche (rappresentando oltre 200 istituti bancari) rivendicando il lancio di un euro digitale fondato sulla blockchain (cripto-euro)[5]! Qualche giorno più tardi, Thomas Mayer, economista dell’università Goethe di Francoforte, ha pubblicato un articolo intitolato «Un euro digitale per salvare l’Unione Monetaria Europea»[6]. Proveniente dal più centrale e conservatore degli attori della nostra moneta comune, questo genere di indicatore è da prendere sul serio. Va inoltre notato che l’introduzione dei bonifici istantanei avviata dalla BCE a metà del 2018 somiglia molto a questa digitalizzazione dell’euro[7].

Non lontano dalla zona euro, il bel Mark Carney, dalla Banca d’Inghilterra, continua a sostenere che il dollaro va urgentemente sostituito negli scambi e nelle riserve internazionali con una moneta digitale appoggiata su un paniere di monete[8] – che è stato quello che il GEAB/LEAP aveva chiesto ai membri del G20 di Londra nel 2009 con lo spazio pubblicitario allora acquistato nell’edizione internazionale del Financial Times[9]. È interessante il fatto che recentemente si sia mostrato meno contrario al libra dei suoi colleghi[10], probabilmente perché lo vede come l’attuale modello più pertinente per una moneta globale, nonché come catalizzatore di volontà di trasformazione.

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