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Il numero mensile del Laboratorio europeo di Anticipazione Politica (LEAP) - 15 Apr 2019
L'estratto pubblico

Può sembrare azzardato affermare che le grandi «invasioni» migratorie non fanno parte del futuro dell’Europa nel momento in cui il «blocco libico» dolorosamente chiuso a seguito della caduta di Kaddhafi è sul punto di saltare di nuovo. Abbiamo pertanto degli argomenti che dimostrano che a breve-medio termine una serie di tendenze assicura un riflusso degli spostamenti migratori in particolare in direzione dell’Europa. Questa inversione di tendenza (o percezione di tendenza) è importante da tenere in considerazione perché solleva un’altra serie di problemi da tenere conto fin da oggi da parte dei leader della sfera economica e politica.

Libia 2019: rischio di una nuova crisi migratoria o opportunità per le destre radicali alle europee?

Ma cominciamo col porre l’anticipazione più evidente a breve termine:

. da un lato, la guerra che sta attualmente scoppiando tra i due campi (Haftar ad est e al-Sarraj a Tripoli)[1] ha tutto per provocare un nuovo afflusso di migranti verso l’Europa: migranti venuti dall’Africa o dal Medio Oriente attualmente internati in campi che possono essere abbandonati (tra 700.000 e 1 milione di persone)[2] e migranti libici che fuggono dal loro paese in guerra (6 milioni di abitanti di cui uno a Tripoli)[3].

. dall’altro, la realizzazione delle promesse di campagna di Netanyahou relative all’annessione della Cisgiordania[4] (che abbiamo previsto nell’ultimo numero[5]) è un altro argomento di preoccupazione per l’Europa[6]. Pur avendo visto che questo tentativo di annessione è il punto culminante di una lunga preparazione diplomatico-strategica, i rischi di slittamento che porterebbero inevitabilmente a nuovi spostamenti di popolazioni sono considerevoli.

Non è quindi impossibile che, a breve termine, il tema della crisi dei migranti torni d’attualità… L’impatto sulla campagna europea sarebbe drammatico, facendo tramontare qualsiasi speranza di dibattito ricco sul futuro dell’Europa, con partiti e media che si ritroverebbero nuovamente a rivaleggiare indignandosi e proponendo la chiusura delle frontiere.

È chiaro che nuove tensioni in Libia e in Medio Oriente rischia di rafforzare le misure e i discorsi anti-migranti, molto più del numero di rifugiati in Europa. In ogni caso, M. Haftar sceglie stranamente il suo momento per dare il via alla sua avventura militare[7] !

Fortezza Europa: dal «fare» al «dire»

Che la guerra libica si plachi o meno, che l’annessione dei territori occupati proceda bene o meno, una cosa è certa: la crisi dei migranti del 2015 ha già ampiamente portato alla chiusura del continente europeo.

Figura 1 – Flusso di migranti illegali verso l’Europa, 2017. Fonte: AEDH.

 

Ricordiamo che i controlli alle frontiere nazionali sono stati ristabiliti nel 2015 di cui da allora alcuni sono rimasti in atto: in particolare la totalità delle frontiere francesi e alcune frontiere binazionali (Austria, Slovenia, Austria-Germania, Svezia-Danimarca, Norvegia-Svezia-Danimarca)[8].

Dal 2016, le frontiere comuni, dal canto loro, sono ben sorvegliate dall’agenzia Frontex creata nel 2016 e incaricata di aiutare i paesi ospiti ad accogliere nonché a riportare i rifugiati a casa loro o verso campi esterni all’Europa[9].

I campi di internamento (ritenuti disumani da parte delle ONG[10]) stanno circondando l’esterno dell’Europa[11]; la Danimarca sta confinando i migranti indesiderati su una piccola isola (dove vengono mandati a bordo di una nuova di nome «Virus»!)[12]; la Francia sta utilizzando la lotta anti-terrorista come tesi per bloccare i rifugiati alle frontiere[13]; l’Italia sta votando dei decreti per facilitare le espulsioni e ritirare la nazionalità italiana[14]; ecc.

In realtà, la gestione della crisi dei migranti da parte dell’Europa, tutta l’Europa, probabilmente appartiene già al registro dei periodi neri della storia europea, intaccando di nuovo costantemente la credibilità degli europei come sostenitori dei diritti dell’uomo[15]. Se attualmente difficilmente filtrano informazioni sui numerosi drammi umani che costellano questo pezzo di storia, il futuro ci riserba tristi rivelazioni.

Ma se c’è qualcosa da giudicare è di più il ruolo che l’Unione ha potuto svolgere nel degrado del suo vicinato che l’inevitabile reazione all’arrivo del flusso di rifugiati provenienti da tale degrado. Come ci insegna l’anticipazione politica, in un mondo complesso occorre anticipare le crisi perché quando ci sono non esiste più una buona soluzione. Il panico che ha colto media, politici e opinione pubblica nel 2015 ha automaticamente imposto la realizzazione di queste politiche dure.

Gli enti governativi piuttosto centristi che hanno presieduto a queste decisioni hanno quindi preferito farlo con discrezione per due motivi principali: non ritrattare visibilmente il loro DNA liberale ed evitare di autorizzare o ufficializzare un discorso pubblico di intolleranza. Il problema è che, conseguentemente a questa discrezione, una parte importante dell’opinione pubblica europea continua a biasimare questi enti governativi che considera tuttora i promoter dei flussi migratori incontrollati. È quindi probabile che gli europei forniranno il contesto per un passaggio dal «fare» al «dire» in materia di immigrazione dove, per poter mantenere il potere, i partiti centristi[16] si aggiungeranno ai voti dell’estrema destra[17] per «esigere» azioni di controllo delle frontiere – che sono già state messe in atto[18], risultante in un’enorme banalizzazione dell’intolleranza… (e naturalmente anche in una strutturazione del campo minoritario della tolleranza).

La fortezza Europa è quindi una realtà che guadagnerà visibilità, soprattutto vista dall’esterno, e che ha già cominciato a deviare le vie dell’immigrazione dal vecchio continente[19].

Crisi climatica: verso dove si dirigerà l’esodo rurale?

L’altra certezza generalmente condivisa è che il cambiamento climatico costituirà ben presto una nuova causa principale di spostamento di popolazioni[20]. E senza avere bisogno di dire niente, gran parte degli europei comprende che tali movimenti si dirigeranno inevitabilmente verso l’Europa.

La Banca Mondiale stima a 140 milioni il numero di persone spostate in Africa, Asia e America Latina entro il 2050. E già attualmente si stima a 25 milioni il numero di sfollati climatici ogni anno[21].

Si capisce quindi già come tali movimenti non si dirigano proporzionalmente molto – se non del tutto – verso l’Europa. Di fatto, sono interni e vanno in prossimità dei luoghi di origine[22]. Queste migrazioni climatiche, in realtà, sono strettamente connesse ad un vasto processo di esodo rurale innescato ormai ovunque. Ricordiamo che il 65% dell’1,2 miliardi di africani e indiani vivono ancora in zone rurali mentre queste regioni sono attraversate da potenti dinamiche di modernizzazione e di urbanizzazione[23]

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