Ci troviamo ormai nella quinta – e probabilmente ultima – ondata dell’era del petrolio. Ci sono ora tutte le condizioni per lasciarci alle spalle la dipendenza dal petrolio: anticipazione dell’esauribilità della risorsa, consapevolezza dei problemi ambientali, presenza di nuovi attori economici sufficientemente indipendenti dalle lobby di petrolio per avviare il cambiamento (vale a dire Cina), produzione industriale di soluzioni alternative (veicoli elettrici), ecc. Le battute d’arresto della General Electric, a seguito della scommessa sui carburanti fossili, testimoniano l’efficacia del programma di transizione energetica rappresentato dagli Accordi di Parigi.[1]
Adesso non resta che limitare i danni inflitti dalla transizione al di fuori di questo settore centrale del precedente sistema economico globale. L’attuale volatilità dei prezzi sta dimostrando quanto sia difficile per il settore petrolifero mantenere i prezzi elevati: malgrado le sanzioni USA contro i maggiori produttori (Iran, Venezuela), i tentativi dell’OPEC di incrementare i prezzi con tagli alla produzione[2] e la chiusura dei siti di trivellazione dello scisto americano,[3] ci vorrà una guerra nel Medio Oriente per portare i prezzi oltre a 70-80 dollari al barile (e probabilmente non per molto considerate tutte le soluzioni opt-out disponibili per l’economia globale).
Attualmente, infatti, i più importanti paesi produttori stanno facendo in modo di ritardare il proprio atterraggio di emergenza economico reindirizzandolo verso altri in generale e verso i propri nemici in particolare. Sull’Iran e sul Venezuela vengono imposti tagli nelle quote di mercato per guadagnare più tempo per l’Arabia Saudita e gli Stati Uniti.
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