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Il numero mensile del Laboratorio europeo di Anticipazione Politica (LEAP) - 15 Giu 2019
L'estratto pubblico

Dieci anni dopo la grande crisi, attualmente sulla salute del settore bancario europeo prosperano i rapporti[1]. Da un lato però le banche europee se la sono cavata solo grazie al denaro pubblico[2]; dall’altro, alcuni giganti sono tuttora considerati bombe disinnescate (Deutsche Bank[3], Commerzbank[4], Monte Paschi[5],…); infine, il sistema bancario europeo fatica a finanziare il fabbisogno del continente[6]. Il bilancio del risanamento bancario europeo è quindi mezzo e mezzo: fortemente sostenuto dalle autorità pubbliche e sicuramente risanato grazie ai regolamenti di Basilea ma a scapito di un’efficacia di finanziamento. Le banche private inventate in Italia nel Quattrocento sono tuttora gli attori più pertinenti per finanziare l’economia europea del XXI secolo?

Organizzazione del sistema di finanziamento europeo: verso un modello stile anglo-sassone

Il processo di trasformazione è già ben avviato e la pressione che da dieci anni riscuotono le banche europee è enorme e multidirezionale. Gli ingenti costi di funzionamento delle banche[7] accompagnati dai deboli – se non negativi – tassi della BCE hanno gravato pesantemente sul settore costringendolo ad alleggerirsi con tutti i mezzi, riducendo personale e succursali[8]. Ciò nonostante, i margini non hanno fatto che ridursi anche di fronte ai crescenti costi di cyber-crimine e cyber-sicurezza[9]. Per compensare la concomitante riduzione dei margini, le banche tentano di inventare spese di funzionamento[10] ma da quando sono comparse nuove banche online con commissioni ultraleggere la concorrenza è agguerrita[11]. Non stupisce quindi che le banche tradizionali investono – sempre con grandi spese – in proprie versioni online[12]; con successi modesti[13]. I regolamenti di Basilea invitano le banche tradizionali ad una prudenza che nuoce alla capacità di prestito[14], un obbligo che naturalmente pesa – o ha pesato – molto più sulle vecchie banche che hanno dovuto svuotare i loro conti che su quelle nuove che sono state direttamente create su questa base legale.

Figura 1 – Tasso di redditività delle banche europee, 2015-2019. Fonte: Bloomberg/BCE.

 

Il sistema bancario europeo è comunque sopravvissuto a tale compressione (naturalmente non si è trattato di un’esplosione da cui l’importanza di aiuti, acquisti e garanzie pubbliche durante tutto questo periodo). Ma comunque non è al limite degli sforzi di adattamento.

Dal 2015, infatti, tra le piste indicate nell’ambito delle riflessioni sulla riforma della zona euro (Unione bancaria, Eurobond, budget, governo…) c’è un’Unione dei mercati dei capitali[15], ovvero un sistema che renda fluidi gli investimenti transfrontalieri in zona euro (o UE).

In materia di riforma della zona euro, è noto che Francia e Paesi Bassi si sono fortemente opposti alle soluzioni, avendo trascinato un intero campo (la famosa Lega anseatica) contro le proposte francesi di governo della zona euro ritenute centralizzatrici[16]. Il fatto è che l’avversione sempre più generalizzata degli europei a tutto ciò che assomiglia anche lontanamente ad un’Europa centralizzata ha reso particolarmente pertinente la posizione dei Paesi Bassi.

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