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GEAB 146

Il numero mensile del Laboratorio europeo di Anticipazione Politica (LEAP) - 15 Giu 2020

Il mondo di dopo: ascesa del cittadino digitale sovrano

“Il nuovo oro nero sono i dati digitali”: questo detto è noto, ma gli obiettivi un po’ meno. Secondo Satya Nadella, amministratore delegato della Microsoft[1], il mondo ha recuperato due anni di trasformazione digitale in due mesi. E di fatto le cifre sono da capogiro: la piattaforma di videoconferenza Zoom ha contato ogni giorno 10 milioni di partecipanti alle riunioni. Ad aprile, questa cifra è passata a 300 milioni[2]. Microsoft, dal canto suo, ha visto guastarsi i propri server con un sovraccarico di connessioni su Team il primo giorno del passaggio alla formazione digitale[3]. Questi tempi di connessione demoltiplicata moltiplicano essi stessi la quantità di dati digitali prodotti. Ed ad essa si affianca una domanda, probabilmente la questione politica del XXI secolo: chi è che controlla i dati?

Da questa domanda derivano non solo interessi economici considerevoli di cui una serie di imprese quasi monopolistiche o duopolistiche (Google/Facebook) ne prendono una buona parte in nome del « Winner takes all » (chi vince prende tutto). Nel corso degli ultimi anni, in particolare dalla questione Cambridge Analytica, le sfide sociali inerenti a questi interessi economici hanno messo sotto pressione perlopiù i Big Tech. Eppure, al di là delle legittime questioni etiche intorno al modello economico delle grandi piattaforme digitali teorizzato da Shoshana Zuboff con il nome di capitalismo della sorveglianza[4], si pone la questione, molto più centrale, del controllo dei dati e, con essa, non solo quella della sovranità digitale degli Stati, ma anche quella della sovranità digitale degli individui. Lo status quo in materia fa in tutti i sensi gli affari dei Big Tech, il cui modello economico dipende in gran parte da questa economia dell’attenzione, la quale propone libero accesso ai loro servizi contro l’espropriazione agli utenti dei loro dati personali.

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